fotografi famosi

Henri Cartier-Bresson 

Fotografo francese nato il 22 agosto 1904 muore il 2 agosto 2004

Maestro del carpe diem

Henri Cartier-Bresson è conosciuto come il padre della fotografia e ha fermato nei suoi scatti quasi un secolo di eventi. Henri Cartier-Bresson, uno tra i più convinti puristi della fotografia è nato il 22 agosto 1908 a Chanteloup (Francia), 30 chilometri ad est di Parigi, da una famiglia alto borghese amica delle arti, influenzato dallo zio, che all’epoca considerava come un padre spirituale, si interessa solo di pittura e diventa allievo di Jaques-Emile Blanche e di André Lhote, frequenta i surrealisti e Triade, il grande editore.

Dagli inizi degli anni '30 sceglie definitivamente di dedicarsi alla fotografia.

Nel 1931, a soli 23 anni, dopo un anno in Costa d'Avorio ritornato in Francia, Henri Cartier-Bresson compra una Leica e scopre la gioia di fotografare, parte per il sud della Francia per poi andare in Spagna, in Italia e in Messico. La Leica con la sua maneggevolezza e la pellicola 24x36 danno inizio ad un modo nuovo di rapportarsi al reale, sono strumenti flessibili che si adattano straordinariamente all'occhio sempre mobile e sensibile del fotografo.

Cartier-Bresson questo suo viaggiare fra le immagini del mondo lo porta ad una curiosità insaziabile, e nel 1935 negli USA inizia a lavorare per il cinema con Paul Strand; tiene nel 1932 la sua prima mostra nella galleria Julien Levy.

Tornato in Francia continua a lavorare nel cinema con Jean Renoir e Jaques Becker, fino a quando nel 1933 durante un viaggio in Spagna gli si offrì l'occasione per realizzare le sue prime grandi fotografie di reportage.

Ed è soprattutto nel reportage che Cartier-Bresson mette in pratica tutta la sua abilità e ha modo di applicare la sua filosofia del "momento decisivo": una strada che lo porterà ad essere facilmente riconoscibile.  Nel 1940, diventato un fotografo importante, viene catturato dai tedeschi, dopo 3 anni di prigionia e due tentate fughe, riesce a evadere dal campo e fa ritorno in Francia nel 1943, a Parigi, dove ne fotografa la liberazione.

Finita la guerra ritorna al cinema e dirige il film "Le Retour". Negli anni 1946-47 è negli Stati Uniti, dove fotografa soprattutto per Harper's Bazaar.

Nel 1947 al Museum of Modern Art di New York viene allestita, a sua insaputa, una mostra "postuma"; si era infatti diffusa la notizia che fosse morto durante la guerra.

Nel 1947 insieme ai suoi amici Robert Capa, David "Chim" Seymour, George Rodger e William Vandivert, fonda la Magnum Photos, cooperativa di fotografi destinata a diventare la più importante agenzia fotografica del mondo.

Dal 1948 al 1950 è in Estremo Oriente. Nel 1952 pubblica "Images à la sauvette", una raccolta di sue foto (con copertina, nientemeno, che di Matisse), che ha un'immediata e vastissima eco internazionale.

Al Musée des Arts Décoratifs di Parigi, nel 1955 viene inaugurata la sua prima grande retrospettiva, che farà poi il giro del mondo. Dopo una serie di viaggi (Cuba, Messico, India e Giappone), dal 1966 si dedica progressivamente sempre più al disegno. In questi anni, sono innumerevoli i riconoscimenti ricevuti, così come le esposizioni organizzate e le pubblicazioni che in tutto il mondo hanno reso omaggio alla sua straordinaria produzione di fotografo e di pittore.

Oliviero Toscani

fotografo italiano nato il 28 febbraio 1942

Comunicare ad arte

Oliviero Toscani nasce a Milano il 28 febbraio 1942. Il padre, Fedele Toscani, fu il primo fotoreporter del Corriere della Sera. A vent’anni si diploma alla scuola Kunstgewerbeschule di Zurigo.

Inizia professionalmente con alcuni reportage che mettono in evidenza le caratteristiche della sua generazione attraverso le immagini di personaggi, comportamenti e mode del momento. Sono gli anni dei capelli lunghi e del rock, del fermento che contrassegna la società civile. Sempre presente e pronto a scattare foto per rendere testimonianza degli avvenimenti, delle tendenze e dei gusti. Il suo talento viene subito notato da riviste di moda come Vogue, Harper’s e Elle.

Toscani viene riconosciuto internazionalmente per la sua creatività nelle campagnie pubblicitarie mondiali tra cui le campagne di Valentino, Chanel, Fiorucci e Prenatal per poi, dal 1982 al 2000 trasformare Benetton in uno dei marchi più conosciuti a livello mondiale.

Crea “Colors” il primo magazine globale al mondo e “Fabrica” una scuola internazionale d’arte e comunicazione che realizerà campagne originali per conto delle Nazioni Unite, Procter & Gamble e La Repubblica. Nel 1992 realizza un servizio fotografico in somalia, nel campo profughi di Baidoa, pubblicato poi su riviste italiane, tedesche e americane.

I suoi lavori vengono esposti nelle Biennali di Venezia oltre che in numerose altre importanti manifestazioni nel mondo ottenendo diversi premi tra cui il GrandPrix dell’UNESCO, il Grand Prix degli Art Directirs Club di New york, Tokyo e Milano, il Grand Prix d’Affichage e il Lion d’Or al festival di Cannes. Nel 1999, 2000 è direttore creativo della rivista Talk del gruppo Miramax.

Nel 2003 ha creato un centro di ricerca della comunicazione moderna (una "factory etica") chiamata La Sterpaia, situata all'interno della riserva naturale del Parco di San Rossore. La Sterpaia era nata come "laboratorio" dove, seguendo la metodologia del workshop (com'era nelle botteghe d'arte rinascimentali e nelle esperienze del Bauhaus) gli allievi venivano orientati (e non istruiti) da maestri d'arte affermati in ogni settore. La Sterpaia non è quindi mai stata una scuola nel senso comune della parola: infatti, l'unico modo per prendervi parte è uno stage della durata di 3 o 6 mesi, al quale si accedeva con una selezione (aperta a fotografi, grafici, scrittori o registi) per un numero di posti molto limitato.

Nel 2007 l’agenzia Saatchi & Saatchi ha premiato Oliviero Toscani come Creative Hero, durante la serata del Clio Show a Miami.

Sempre nel 2007 Toscani ha realizzato una campagna choc contro l’anoressia nervosa fotografando la modella e attrice francese Isabel Caro, malata di anoressia, che all’età di 27 anni pesava 31 chili per 1,64 di altezza. Gli scatti erano gigantografie (3 metri per 6) raffiguranti il corpo della Caro completamente devastato dalla malattia. Le reazioni furono sia a sostegno dell'iniziativa (il ministro della Salute Livia Turco, Giorgio Armani, Roberto Cavalli, la coppia Dolce & Gabbana) che contrarie (l'assessore del Comune di Milano Tiziana Maiolo, il Codacons, la la senatrice Mariella Burani Procaccino-Pdl ).

Attualmente il celebre fotografo italiano vive in Toscana e produce vino e olio d’oliva e alleva cavalli.

 

 

 

 

 

Helmut Newton

Nato il 31 ottobre 1920, Berlino muore il 23 gennaio 2004

Fotografo dell'eros

Nato nel 1920 a Berlino, Helmut Neustadter (questo è il suo cognome originale in tedesco) ha iniziato la sua carriera fotografica all’età di 16 anni come apprendista nell’atelier della nota fotografa di moda Yva (Elsa Simon). Come figlio di industriali ebrei è costretto a fuggire dalle crescenti persecuzioni naziste lasciando per sempre la Germania.
All’estero e dopo la guerra Newton (che come tanti ebrei tedeschi costretti all’esilio ha cambiato nel frattempo il cognome traducendolo letteralmente nell’inglese) costruisce la sua  inarrestabile carriera di fotografo divenendo presto famoso con i suoi ritratti di personalità dello spettacolo e della cultura e ancora di più con i suoi scatti erotici messi in scena in modo teatrale e disinibito, ludico e ironico. Il suo interesse per il corpo femminile non è mosso (solo) da un istinto voyeristico, quanto da un’ossessione professionale in grado di scoprire sempre nuovi risvolti estetici, riflessioni socio-culturali e spunti di una liberazione ed emancipazione sessuale per nulla scontata a quell’epoca. Newton vive nel frattempo tra Montecarlo e Los Angeles, lavora per riviste come Vogue, Marie Claire o Elle e ha mostre personali a New York, Parigi, Londra,  Houston e Venezia.
Di tanto in tanto torna anche a Berlino dove ritrae Rainer Werner Fassbinder, Wim Wenders o Hanna Schygulla e dove trova la prima ispirazione per i suoi celebri Big Nudes, ritratti a grandezza naturale di corpulente donne bionde desnude.
Sotto i suoi occhi sono passate le più note attrici e modelle: da Ava Gardner a Charlotte Rampling, da Catherine Deneuve a Romy Schneider, da Raquel Welch a Sigourmey Weaver. Ma anche personaggi politici come Helmut Kohl e Margareth Thatcher. Newton ha sempre cercato di provocare e stupire, di destare scalpore con immagini aggressive, forti e ironiche allo stesso tempo. Qualcuno lo ha accusato di misoginia e spesso si è attirato le critiche del movimento femminista, ma anche nelle foto marcatamente erotiche ha sempre rifiutato la volgarità fine a se stessa e non ha mai mostrato le donne come semplici oggetti di desiderio, ma come donne consapevoli di sé, della propria bellezza e del proprio potere seduttivo.
Helmut Newton muore in un incidente stradale a Los Angeles nel gennaio 2004.
Nel mese di ottobre del 2002 era tornato assieme alla moglie June, in arte Alice Springs, nella sua città natale per donare ai musei berlinesi la sua ricca collezione fotografica e il suo archivio che sarebbero stati integrati in un nuovo museo fotografico. La Fondazione e il museo sono ora stati inaugurati e con essi si è chiuso il cerchio biografico ed emotivo nella vita di uno dei più importanti fotografi del secolo scorso.

Il Palazzo delle Esposizioni di Roma accoglie dal 6 marzo al 21 luglio 2013, per la sua unica tappa italiana, la mostra White Women, Sleepless Nights, Big Nudes che presenta 200 immagini di Helmut Newton, uno dei fotografi più importanti del XX secolo.
Questo progetto, nato nel 2011 per impulso di June Newton, vedova del grande fotografo, raccoglie le immagini dei primi tre libri di Newton pubblicati alla fine degli anni 70, da cui deriva il titolo della mostra. Nel 1976, Helmut Newton è un famosissimo fotografo di cinquantasei anni ma, malgrado la non più giovane età, non ha ancora dato alle stampe un libro monografico, così decide di curare White Women, oggi considerato un volume leggendario, che riceve subito dopo la sua pubblicazione il prestigioso Kodak Photobook Award. Seguirono Sleepless Nights nel 1978 e, soprattutto, Big Nudes nel 1981 che rimangono tuttora gli unici volumi concepiti e curati da Helmut Newton e che la mostra romana riunisce esponendo 200 immagini ristampate sotto la supervisione della moglie June.
Nelle 200 immagini, Newton,mostra la sua capacita' di scandagliare una realta' che, dietro alla suprema eleganza delle immagini, consente di intravedere un'ambiguita' di fondo di cui erotismo e morte non sono che due aspetti della stessa ricerca di verita' che si estende al di la' di ogni convenzione. Nel selezionare le fotografie per i libri di cui lui stesso e' l'editore, Newton mette in sequenza, l'uno accanto all'altro, gli scatti realizzati per altre committenze con quelli realizzati liberamente per se stesso, costruendo una narrazione in cui la ricerca dello stile, la scoperta del gesto elegante sottendono l'esistenza di una realta' ulteriore, di una vicenda che sta allo spettatore stesso interpretare.

(Graphic Design and Art Direction)  Matteo Giuzzi

Alcune foto di Oliviero Toscani